Giu 18

I retroscena di Malafemmena: testo e traduzione dal napoletano all’italiano

Malafemmena è una canzone del 1951 scritta da Totò per il concorso di Piedigrotta “La Canzonetta 1951” e fu assegnata a Mario Abbate che la incise su disco Vis Radio. Fu, in seguito, portata al successo da Giacomo Rondinella.

Ebbe un grande successo anche l’interpretazione di Teddy Reno nel film “Totò, Peppino e… la malafemmina” di Camillo Mastrocinque  (1956).

La conoscenza popolare indica in Silvana Pampanini la “malafemmina” che aveva spezzato il cuore a Totò;  in realtà grazie alle dichiarazioni di Liliana de Curtis, si è saputo che la canzone era dedicata  a sua madre nonché moglie di Totò Diana Bandini Lucchesini Rogliani.

Risulta che il testo depositato presso la SIAE rechi la dedica “a Diana”.

La canzone infatti, sembra nasca dalla rottura di un patto tra Totò e la moglie sulla loro convivenza che oggi verrebbe definito come “separati in casa”; il patto aveva lo scopo di tutelare la figlia fino al compimento della maggiore età

 

Libro Malafemmena

Libro Malafemmena

Testo originale

Si avisse fatto a n’ato
chello ch’e fatto a mme
st’ommo t’avesse acciso,
tu vuò sapé pecché?
Pecché ‘ncopp’a sta terra
femmene comme a te
non ce hanna sta pé n’ommo
onesto comme a me!…
Femmena
Tu si na malafemmena
Chist’uocchie ‘e fatto chiagnere..
Lacreme e ‘nfamità.
Femmena,
Si tu peggio ‘e na vipera,
m’e ‘ntussecata l’anema,
nun pozzo cchiù campà.
Femmena
Si ddoce comme ‘o zucchero
però sta faccia d’angelo
te serve pe ‘ngannà…
Femmena,
tu si ‘a cchiù bella femmena,
te voglio bene e t’odio
nun te pozzo scurdà…
Te voglio ancora bene
Ma tu nun saie pecchè
pecchè l’unico ammore
si stata tu pe me…
E tu pe nu capriccio
tutto ‘e distrutto,ojnè,
Ma Dio nun t’o perdone
chello ch’e fatto a mme!…

 

Traduzione

Se avessi fatto a un altro
quello che hai fatto a me

quest’uomo t’avrebbe ucciso,
tu vuoi sapere il perché?
Perché su questa terra
femmine come  te
non dovrebbero esistere per uomini
onesti come a me!…
Femmina
Tu sei una malafemmina
Questi occhi hai fatto piangere…
Lacrime per l’ infamia.
Femmina,
Sei peggio di una vipera,
mi hai avvelenato l’anima,
non posso più vivere.
Femmina
Sei dolce come lo zucchero
però questa faccia d’angelo
ti serve per ingannare….
Femmina,
tu sei la più bella femmina,
ti voglio bene e t’odio
non ti posso scordare…
Ti voglio ancora bene
Ma tu non sai il perché
perché l’unico amore
sei stata tu per me…
E tu per un capriccio
tutto hai distrutto, piccolina,
Ma Dio non ti perdona
quello che hai fatto a me!…
Femmina
Tu sei una malafemmina…

 

[1] “Malafemmena”, Matilde Amorosi, de Curtis Liliana, 2009, Mondadori, ISBN 9788804584520

Apr 25

Io speriamo che me la cavo – sinossi e recensione

Io speriamo che me la cavo

Io speriamo che me la cavo

Recensione
In questo film compare un Paolo Villaggio molto lontano dal solito ingegner Ugo Fantozzi, a mio parere un’ ottima interpretazione, si cala perfettamente nel ruolo divertendo e commuovendo allo stesso tempo, mostrando in pieno le iniziali difficoltà di un settentrionale costretto a vivere al sud.
A molti anni di distanza questo film del ’92 riesce sempre a strappare un sorriso trattando tematiche ancora attuali e presentando un impianto molto simile al recente campione d’incassi Benvenuti al sud, le problematiche sono pressoché le medesime, anche se in contesti molto diversi.

Il titolo ricalca una mentalità fortemente radicata in chi non ha mezzi propri o sociali per affrontare adeguatamente la vita e si vota alla sopravvivenza per scelta forzata sperando che, alla resa dei conti, il caso o la provvidenza risolvano il problema.
L’ultima scena è di sicuro quella rimasta impressa nel cuore di molti, finale strappa lacrime con in sottofondo “What a wonderful world” di Louis Armstrong, e anche riguardandola per l’ennesima volta non si può non riflettere sui tanti significati di quel “Io speriamo che me la cavo”.

 

Sinossi
Io speriamo che me la cavo è un film del 1992 diretto da Lina Wertmuller e tratto dall’omonimo libro di Marcello D’ Orta.
Il maestro Marco Tullio Sperelli (Paolo Villaggio) in attesa di un trasferimento richiesto da tempo in una scuola elementare ligure, si ritrova per un errore telematico dei terminali del Ministero della Pubblica Istruzione assegnato in una scuola a Corzano, in provincia di Napoli.

E proprio qui il maestro Sperelli si ritrova catapultato in una situazione alquanto disastrosa, toccando con mano i disagi ed i disastri di un sistema scolastico allo sbando e dove gli alunni si contano sulle dita di una mano, non più di tre allievi in classe al suo primo giorno di lezione, gli altri deve andare a cercarseli recuperandoli qua e là, quasi sempre in strada. Nella classe (mista) ci sono bambini di ogni genere e di varia estrazione sociale, ognuno con un problema diverso e con una forte difficoltà ad usare la lingua italiana, ma sempre allegri e pronti a prendere la vita con ironia.
Rosinella che fa la tenera con il maestro, Vincenzino intelligente e svelto, nonchè Raffaele, il più grande, già implicato a far da messaggero per la camorra locale, si presenta in classe in modo arrogante e prepotente da vero “guappo” e per questo Sperelli, malgrado la propria mitezza, dà un ceffone al ragazzo, il quale gli giura vendetta.

Ma quel gesto violento propizia definitivamente al maestro il massimo rispetto di tutti i ragazzi.

Ma la vita sa essere strana ed una sera Raffaele si trova costretto a chiedere aiuto al maestro per poter portare la mamma in ospedale e, con un altro gesto per lui insolito, Sperelli s’impone al personale per ottenere un’immediata sistemazione della donna. Proprio mentre Raffaele sembra aver cambiato comportamento e pericolose amicizie e mentre ormai i ragazzi gli si sono affezionati, ecco che arriva inaspettata la comunicazione del suo trasferimento al Nord.

Tutta la classe, con la direttrice e i padroni di casa (un po’ bizzarri, ma con lui sempre delicati e premurosi) è alla stazione a salutare il maestro che se ne va per sempre.

Il maestro giorno dopo giorno si è lasciato addolcire e incantare da un clima e da un calore umano senza paragoni, così in treno legge commosso il tema “su di una parabola evangelica” che Raffaele gli ha consegnato all’ultimo minuto che parla della fine del mondo,e che vuole essere un inno alla speranza affinchè qualcosa possa cambiare, concludendo con “… e io speriamo che me la cavo …!

Mar 28

Napoli – Milano in un film: Totò, Peppino e… la malafemmina

E’ stato scientificamente provato che è impossibile intraprendere il viaggio da Napoli a Milano col treno senza che qualcuno citi più o meno direttamente il capolavoro:  “Totò, Peppino e… la malafemmina”.

Il film di Mastrocinque  è del 1956 ed incarna i tanti luoghi comuni partenopei su Milano, in un periodo in cui il viaggio aveva una durata prossima al giorno e la televisione ancora non era sufficientemente diffusa per livellare il livello di conoscenza.

Del film è difficile individuare una scena madre o una battuta in particolare, ci sono infatti alcuni passaggi davvero eccezionali.

A Milano fa freddo a prescindere dalla stagione

Totò e Peppino arrivano a Milano

Totò e Peppino arrivano a Milano

Convinti di trovare un clima nordico, i nostri eroi si imbacuccano con tanto di colbacco e restano stupiti del comportamento e del vestiario dei milanesi che, intanto, li indicano divertiti dal loro abbigliamento decisamente fuori luogo.Nello sfondo un’immutata stazione centrale di Milano.fonte foto: AntonioDeCurtis.org

 

per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare

Totò, Peppino e il vigile

Totò, Peppino e il vigile

I due fratelli Capponi, dispersi a Milano, danno vita ad uno dei dialoghi che hanno fatto la storia del cinema comico dove spicca una frase “Appunto lo so, noi volevamo sapere, per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare, sa è una semplice informazione.” che secondo me a distanza di decenni descrive alla perfezione il comportamento di intere classi dirigenti.

Antonio Caponi: Dopo ti spiego, noio volevan, volevon, savuar, noio volevan savuar l’indiriss, ia?
Vigile: Eh ma, bisogna che parliate l’italiano perché io non vi capisco.
Antonio Caponi: Ah, parla italiano.
Peppino Caponi: Complimenti!
Antonio Caponi: Complimenti, eh bravo!
Vigile: Ma scusate, ma dove vi credevate di essere, siamo a Milano qua.
Antonio Caponi: Appunto lo so, noi volevamo sapere, per andare, dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare, sa è una semplice informazione.

 

Sullo sfondo la galleria Vittorio Emanuele II sita in Piazza Duomo.

fonte foto: Milano 2.0
fonte citazione: Wikiquote

 

a Milano quando c’è la nebbia, mettono i nomi sui manifesti. Dice, chi mi vuol trovare, io sto qua

Totò Peppino e Mezzacapa

Totò Peppino e Mezzacapa

La vera nebbia a Milano ormai davvero non si vede da anni, sostituita indegnamente dallo smog.Se si viene a Milano per la nebbia ormai è necessario spostarsi in provincia.

Mezzacapa: Acqua, vento… e nebbia! Eh… nebbia, nebbia!
Antonio Caponi: Ah, questo m’impressiona! Tutto, ma la nebbia.
Mezzacapa: A Milano, quando c’è la nebbia non si vede.
Antonio Caponi: Perbacco… e chi la vede?
Mezzacapa: Cosa?
Antonio Caponi: Questa nebbia, dico?
Mezzacapa: Nessuno.
Antonio Caponi: Ma, dico, se i milanesi, a Milano, quando c’è la nebbia, non vedono, come si fa a vedere che c’è la nebbia a Milano?

fonte citazione: Wikiquote

 

Chiudo l’articolo con un’altra scena classica del cinema comico:

Mar 10

Benvenuti al Sud – sinossi e recensione

Sinossi

Benvenuti al sud

Benvenuti al Sud” è il remake italiano diretto da Luca Miniero della commedia francese Bienvenue chez le Ch’tis, uscita come Giú al Nord in Italia.

La storia è dunque simile all’originale: un responsabile di un ufficio postale in Brianza si finge disabile per ottenere il trasferimento a Milano ma, viene scoperto e spedito nel profondo sud, in un paesino della Campania.

Alberto (Claudio Bisio) dunque dovrà fare i conti con una realtà del tutto nuova che ha sempre snobbato data la sua mentalità chiusa da uomo del Nord, lasciando la moglie Silvia (Angela Finocchiaro) di mentalità identica, anzi peggio di lui, a casa con il figlio.

Per lui la notizia è un vero e proprio trauma, l’idea di dover trascorrere i prossimi due anni della sua vita tra i “terùn” non lo entusiasma affatto, e poi con tutte quelle storie che si sentono in tv e l’idea distorta che l’uomo ha del Sud.

Alberto è convinto di entrare in un vero e proprio incubo, tanto che alla partenza lo troviamo in lacrime e al suo arrivo nel piccolo paesino di Castellabate ogni cosa è distorta, tutto viene visto sotto una luce negativa.

L’accoglienza di Mattia (Alessandro Siani), invece, si nota fin dal primo momento, anche se Alberto, nel suo modo di vedere le cose, non coglie le buone intenzioni del collega e ne combina di tutti i colori, spaventato e terrorizzato da quel paesino che di sera, sotto una pioggia torrenziale, sembra ancora più pericoloso.

Dal giorno successivo le cose sembrano complicarsi, Alberto si ritrova in un Sud in cui tutti sono decisi a non lavorare e soprattutto a bere e ad offrire solamente caffè.

La sua mentalità da nordico dedito al lavoro, nonostante tutto, viene compresa, la gente del paese sa che Alberto ha solo bisogno di ambientarsi, è in realtà lui a non capire loro.

Ma nei due anni di permanenza Alberto scoprirà che il Sud non è assolutamente quel che aveva immaginato e dopo tante avventure e bugie, riesce a farlo capire anche a Silvia.

Così alla fine della sua esperienza, l’uomo capisce perfettamente cosa voleva dire Mattia quando diceva “Un forestiero quando viene al Sud piange due volte:  una quando arriva, l’altra quando se ne va“.

Recensione

Troviamo così un Claudio Bisio che rimane sempre identico in ogni sua performance, ma che non perde mai la sua comicità. Inoltre si tratta di uno dei personaggi più amati in Italia, la scelta risulta azzeccata, e l’attore si trova in perfetta sintonia con la comicità tutta napoletana di Alessandro Siani.

E’ una commedia leggera che gioca sugli stereotipi ormai ben consolidati tra il Nord e il Sud del nostro Paese,e per citare ancora Siani, possiamo concludere così:” Il sud è l’impossibile,è un cerchio quadrato,un pozzo senza fine,è un mare alto e lungo che dà la mano al cielo,ma non riesce a salire su in paradiso.

Il sud è il capovolgimento di luoghi comuni, è la vertigine del mondo… Nord… Sud siamo sulla stessa barca, ma siamo un grande popolo:siamo ITALIANI!Jamme jà