II° giorno di visita – 8 Luglio 2010
Altra sveglia mattutina per dirigerci al sito archeologico più importante d’Egitto.
Da sottolineare che distavamo neanche 1 km dalle piramidi, visibili dall’albergo.
Grazie anche alla vicinanza, riusciamo ad arrivare praticamente primi e, senza alcuna coda, accediamo al complesso archeologico.
Oltrepassati i soliti varchi con controllo, seguiamo in pullman una lunga strada che ci fa lasciare la sfinge alle spalle per raggiungere le piramidi.
Appena si raggiunge il sito ci si sente proiettati in un altro mondo perso nel tempo, una visione e un’esperienza al limite dell’indescrivibile.
Pensare agli antichi egizi e a quello che sono stati capaci di fare lascia ancora perplessi, non mi dilungherò su storia ed altri aspetti perché sarei superficiale e fuori tema rispetto allo scopo del blog.
Superiamo la grande piramide per giungere finalmente all’ingresso di una tomba minore di cui non ricordo il nome.
Dopo essersi accertato che nessuno soffriva di schiena, claustrofobia e cuore, la guida ci ha dato l’ok per entrare avvertendoci che in pratica “vista una tomba viste tutte”.
L’entrata / uscita è stretta e permette il passaggio di una persona per senso di marcia alla volta, la discesa nella tomba è estremamente ripida e bassa e, per aiutare i visitatori, a terra ci sono degli assi di legno con della aste inchiodate orizzontalmente da usare come base di appoggio.
A metà discesa il soffitto si alza, permettendo di camminare eretto a chi non è troppo alto, e ci sono dei corrimano per rendere il cammino più agevole.
Dall’ingresso in poi la tomba è permeata da un forte odore che non saprei definire e da un’intensa umidità che rende le pareti quasi fredde e la temperatura percepita molto più bassa rispetto all’esterno.
Giunti nella camera tombale ci ritroviamo in un ambiente di circa 12 metri quadri totalmente spoglio, verso la parete in fondo alla destra dell’apertura c’è il sarcofago: una grossa scatola di pietra vuota illuminata da delle luci fioche.
Su tutte le pareti ci sono incisi i nomi dei visitatori degli inizi ‘900 con le relative date e, molto grande, il nome dell’italiano che per primo scoprì la tomba.
Guardiamo abbastanza velocemente il poco che c’è da vedere per poi effettuare la scalata verso l’uscita.
Anche qui la guida ci affascina con racconti sugli egizi e sulle ipotesi surreali della mano degli alieni dietro la costruzione delle piramidi.
Nel paesaggio fantastico, l’unica nota stonata rispetto a tutto il resto è il Museo della barca solare, davvero un moderno mostro architettonico piazzato lì a inquinare il tuffo nel passato.
Da buoni turisti ci approssimiamo al museo dov’è custodita la preziosa barca solare totalmente assemblata dopo che ne furono ritrovati gli innumerevoli pezzi smontati e impacchettati stile Ikea.
All’entrata ci fanno indossare dei calzari di stoffa marrone per proteggere il pavimento (?) che è tutt’altro che un reperto archeologico.
Il primo livello è dedicato alle miniature della Barca Solare e a qualche reperto ad essa collegata. C’è inoltre l’enorme cava dove hanno trovato i vari pezzi da assemblare.
Finita la spiegazione della guida si accede al piano superiore dove ci si trova in uno spazio costruito ad hoc per la barca solare e a che dà la forma alla costruzione.
Una serie di rampe di scale e piani permettono di vedere la barca da ogni angolatura e girarci intorno a piacimento. Diventa anche interessare notare sul modello originale alcune delle descrizioni della guida come, ad esempio, il sistema di camere ad apertura alternata della cabina sistemate in modo che passasse l’aria ma i vogatori non vedessero cosa succedeva all’interno.
Il giro nel museo si conclude con la riconsegna dei calzari. All’uscita abbiamo finalmente l’agognato tempo per le foto e il giro libero.
Appena allontanati dal museo è impossibile non essere intercettati dai venditori di pose fotografiche che, vestiti da beduini, trovano tutti i modi possibili e immaginabili per spillare soldi.
Anche se come categoria mi urtano i nervi devo dire che si dimostrano molto professionali e decisamente fantasiosi.
Facciamo giusto venti metri e veniamo fermati da un egiziano che dice di essere della security e di voler vedere i biglietti.
Indago velocemente il tipo alla ricerca di elementi che possano validare la sua affermazione ma, mentre sono ancora all’opera, lui intuisce che non ci saremmo cascati e ci fa capire che ci può far salire sull’avvallamento di resti alle sue spalle per godere di una vista privilegiata delle piramidi.
Non ce lo facciamo ripetere due volte!
Saliti sulla collinetta, cosa vietata teoricamente, ci fa capire che è disposto a scattare foto con la mia fotocamera.
Gli passo la mia Nikon P80 e lascio che ci scatti qualche foto anche fiducioso della sua esperienza.
Terminate le pose a favore del fotoggrafo egiziano già sono pronto a cominciare la contrattazione per la mancia quando ci consegna due piccoli scarabei finti, gli do’ l’euro previsto e comincia la solita tiritera. Ovviamente, appena restituiti gli scarabei, lui capisce che più di quello non otterrà e si allontana rapidamente e senza alcun cenno pronto ad “attaccare” nuovi turisti.
Restiamo sulla collinetta ancora un po’ scattando la mia solita infinita serie di foto da cui ho ricavato il panorama nella foto dell’intestazione del blog.
Dopo 5 minuti che eravamo lì il nostro finto addetto alla security ha cominciato ad urlare in arabo da un altro avvallamento facendoci capire che l’euro ottenuto in mancia era ormai “esaurito” e che dovevamo scendere.
Una volta ritornati al “pian terreno” giunge il momento della foto coi beduini e i dromedari (in Egitto non ci sono cammelli!), ne intercettiamo uno e cominciamo ad alternarci nelle foto vicino al quadrupede facendone poi alcune in coppia.
Bisogna fare molta attenzione all’insistenza dei beduini che, durante le pose fotografiche, chiedono di mettere un piede nella staffa della sella dei dromedari: questi docili animali sono addestrati per alzarsi appena sentono il peso di una persona e fare il giro completo delle zona limitrofa – e non c’è modo di fermarli.
E’ uno dei tanti stratagemmi per raggirare i turisti che a quel punto sono costretti a pagare la ‘corsa’.
Al termine del breve set fotografico col beduino, gli offro una mancia di 1 euro (per 4 pose) e qui comincia la solita trattativa “no! Carta, carta” perché vorrebbe almeno 5 euro :O.
A un certo punto addirittura interviene un suo collega che dall’alto di un dromedario si accoda alla sua insistenza.
A quel punto, in pratica accerchiato, mi sono stizzito e ho fatto capire a gesti che o si prendeva l’euro o me lo rimettevo in tasca e me ne andavo. Morale: si è preso l’euro senza più discutere e la storia è finita lì.
Cominciamo a girare nella zona adiacente le piramidi lasciando anche alle spalle il nostro gruppo in dissonanza col mio spirito esplorativo e, come premio, troviamo bellissimi paesaggi desertici proiettatti sulla città.
Il giro purtroppo dura poco per me ma evidentemente a sufficienza per gli altri che, già da tempo, erano scomparsi dal nostro campo visivo per raggiungere il pullman.
Inutile dire che siamo stati gli ultimi a presentarci all’appuntamento al parcheggio ma nonostante tutto comunque in orario e personalmente soddisfatto poiché ero riuscito almeno a scattare qualche foto alla mia maniera ;).
Ci dirigiamo, attraverso un breve tratto in pullman, alla Sfinge lasciando alle spalle le piramidi.
Anche qui riusciamo ad eludere il caos turistico grazie all’orario.
Entriamo in una camera di un tempio dove la guida comincia la sua spiegazione sotto un sole che comincia ad essere impietoso.
La Sfinge si presenta esattamente come la immaginavo ma non è possibile avere una vista ravvicinata, purtroppo si può vedere l’imponente monumento solo a mezza altezza da un piano rialzato.
Durante la visita alla sfinge ho toccato il picco dell’insofferenza per le visite guidate: 20 minuti solamente per scattare le foto.
Purtroppo per gli altri del gruppo e contro ogni mia consuetudine, quella volta non sono proprio riuscito a rispettare gli orari e sono stato letteralmente trascinato via da mia moglie accumulando solo 8 minuti di ritardo.
Ancora oggi ritengo “la fuga dalla Sfinge” uno dei momenti più bassi dell’intero viaggio.
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