Feb 25

La vecchietta sincera e il tiranno Dionisio nel 2013

Riporto una vecchia storia di Valerio Massimo che spesso viene assegnata come compito di traduzione dal latino agli studenti.

La storia mi sembra particolarmente adatta al clima delle elezioni politiche del 2013 dove vecchio e nuovo si distinguono a malapena nei contorni.

Versione in italiano:

A Siracusa una donna di estrema vecchiaia, mentre tutti chiedevano insistentemente la morte del tiranno Dionisio a causa dell’eccessiva severità dei costumi e delle intollerabili imposte,da sola ogni giorno di buon mattina pregava gli dei affinchè (il tiranno) fosse illeso e le sopravvivesse. Quando egli lo seppe,non ammirando la debita benevolenza verso di sè,la chiamò e le chiese perchè facesse ciò e per quale suo beneficio.Allora quella:”é evidente-disse-la ragione del mio proposito:infatti da fanciulla,poichè avevamo un tiranno molesto,desideravo essere priva di lui.
Quando fu ucciso,occupò la rocca un altro alquanto più feroce.Stimavo molto che fosse finito anche il suo dominio.Come terzo cominciammo ad avere te,governatore più insopportabile dei precedenti.
Perciò,affinchè.se tu sarai ucciso,non succeda al tuo posto uno ancora peggiore,offro in sacrificio la mia testa in cambio della tua salvezza”.Così Dionisio si vergognò di punire la spiritosa audacia.

 

Versione Latina:

Syracusis anicula deos cotidie obsecrabat ut Dionysius, crudelissimus civitatis tyrannus, incolumis sempre esset diuque viveret. Dionysius, re nova cognita, mulierem in regiam adduci iussit precumque causam quaesivit. Anicula liberius respondit : “Olim Syracusis iniquus tyrannus imperium tenebat; cum e vita excessiset, ferocior tyrannus urbis arcem occupavit, ideoque vehementer cupiebam ut eius dominatus quam brevissimus esset. Sed postea habuimus te, omnium tyrannorum saevissimum et violentissimum. Ita deos pro tua salute obsecro, ne post mortem tuam tyrannus etiam peior civitati contigat”. Tam liberum ac facetum responsum Dyonisius punire noluit et aniculam dimisit incolumen.

foto dall’album di Neil Moralee

Set 20

Comme si’ bello a cavallo a stu camello – traduzione di Caravan Petrol

Disco Tu vo' fa l'americana e Caravan Petrol

Disco Tu vo' fa l'americana e Caravan Petrol

Caravan Petrol è una delle canzoni napoletane classiche più canticchiate eppure solo un numero relativamente ristretto di persone ne conosce il titolo.
Diversi passaggi della canzone restano dei tormentoni sia nelle terre di lingua napoletana sia negli spettacoli televisivi, di teatro o radiofonici che siano.

<<Comme si’ bello a cavallo a stu camello>>

<<Allah Allah Allah ma chi t’ha ffatto fa’?>>

La canzone è il lato B di “‘O sarracino“, ed è stata pubblicata da Renato Carosone nel 1958.

Caravan Petrol è stata scritta per canzonare – letteralmente – la spamodica ricerca del petrolio traslocando la ricerca dell’oro nero nelle vie di Napoli,

La canzone ha due tempi, nella prima parte viene cantanta in terza persona mentre nella parte finale in prima persona quasi come se chi canta fosse lui stesso stato preso dalla febbre dell’oro nero.

Dal punto di vista musicale, Caravan petrol è una delle prime canzoni che mescola sonorità arabe con la musica occidentale; anche se poi la musica e la lingua napoletana lasciano trasparire spesso affinità foniche con gli arabi.

Caravan Petrol – testo orginale in napoletano

Caravan petrol, caravan petrol,
caravan petrol, caravan petrol,
caravan…

Caravan petrol, caravan petrol,
caravan petrol, caravan petrol,
caravan…

M’aggio affittato nu camello,
m’aggio accattato nu turbante,
nu turbante a’ Rinascente
cu o pennacchio rosso e blu…

Cu u fiasco ‘mmano e o tammuriello
cerco o petrolio americano,
mentre abballano e beduine,
mentre cantano e ttribbù…

Comme sì bello
a cavallo a stu camello
cu o binocolo a tracolla,
cu o turbante e o narghilè…

Uè, si curiuso
mentre scave stu pertuso,
scordatello, nun é cosa:
cà o petrolio nun ce sta…

Allah! Allah! Allah!
ma chi t’ ha ffatto fa’?

Comme sì bello
a cavallo a stu camello
cu o binocolo a tracolla
cu o turbante e o narghilè!

Cu o fiasco ‘mmano e cu o camello,
cu e gguardie annanze e a folla arreto
‘rrevutà faccio Tuleto:
nun se po’ cchiù cammenà…

Jammo, é arrivato o pazzariello!
s’é travestito ‘a Menelicche,
mmesca o ppepe cu o ttabbacco…
chi sarrà st’Alì Babbà?

Comme sì bello
a cavallo a stu camello
cu o binocolo a tracolla
cu o turbante e o narghilè!

Allah! Allah! Allah!
ma chi mm’ha ffatto fa’?

Comme sò bello
a cavallo a stu camello,
cu o binocolo a tracolla,
cu o turbante e o narghilè!

Caravan Petrol – testo tradotto in i italiano

Caravan petrol, caravan petrol,
caravan petrol, caravan petrol,
caravan…

Ho afittato un camello,
mi son comprato un turbante,
un turbante alla Rinascente
col pennacchio rosso e blu…

Con un fiasco in mano e il tamburello
cerco il petrolio americano,
mentre ballano i beduini,
mentre cantano le tribbù…

Come sei bello
in groppa a ‘sto camello
col binocolo a tracolla,
col turbante e il narghilè!

Essì, sei strano
mentre scavi questo foro,
dimenticalo, non é fattibile:
qui il petrolio non ci sta…

Allah! Allah! Allah!
Ma chi te l’ha fatto fare’?

Come sei bello
in groppa a ‘sto camello
col binocolo a tracolla,
col turbante e il narghilè!

Col fisco in mano e col camello,
con le guardie avanti e la folla dietro
faccio rivoluzionare tutta Toledo:
non si riesce più a camminare…

Andiamo, é arrivato il giocoso!
si é travestito da Menelicche,
mischia il pepe col tabbacco…
chi è quest’Alì Babbà?

Come sei bello
in groppa a ‘sto camello
col binocolo a tracolla,
col turbante e il narghilè!

Allah! Allah! Allah!
Ma chi me l’ha fatto fare’?

Come son bello
in groppa a ‘sto camello
col binocolo a tracolla,
col turbante e il narghilè!

Giu 06

Donne del Sud di Alda Merini

Una donna del nord dall’immensa sensibilità, Alda Merini in questi versi descrive le donne del sud disegnando le loro debolezze e sottolineando le loro forze in un mondo di contraddizioni e di metafore allo specchio.

Donne del Sud

Le donne del Sud,
… tenere come l’ombre,

Donna del sud

Donna del sud

voraci come bei fiori,
le donne del Sud
che hanno il cospetto di ocra
le mani di una domanda,
sanno essere silenziose e presenti
tu Penelope dolce
intessi una tela viola.
Ti ho vista alla finestra
abbarbicata e leggera
come l’edera folta
tu sei una donna del Sud.
Altera nella sapienza,
vedova nel tuo lavoro
tenera come il cristallo
amante di ciò che è vero.
Le donne del Sud
ardono dei loro mariti
perle che cadono fonde
in grembo alla gelosia.
Le donne del Sud
hanno il passo che lieve
scandisce le foglie fitte,
son novembrine e segrete
somigliano alle strane voglie
che prende l’ostensorio
in mano ad un misericordioso prete.

di Alda Merini

foto dall‘album di Jef Harris

Apr 22

Contro l’indifferenza all’arte e alla cultura

                     leggi anche “Il falò della cultura al Casoria contemporary art museum”

Per solidarietà al CAM di Casoria (NA), il Museo Gracco di Arte Contemporanea e Fotografia di Pompei protesta contro l’indifferenza delle istituzioni all’arte e alla cultura, lasciando “coperte”, fino all’8 maggio 2012, le opere del Maestro Franco Gracco appartenenti alla sua mostra “Fuori dal Labirinto”, in programma al Museo dal 21 aprile.

Il patrimonio culturale italiano è apprezzato a livello internazionale per le sue eccellenze nel campo dell’arte e delle tradizioni artigianali, che da millenni contribuiscono a costituire il vanto della nostra identità nazionale. Solo per citare la Campania, l’arte affonda le sue nobili origini nell’antichità greco-romana, con gli illustri esempi della pittura pompeiana, per poi arricchirsi, nel corso dei secoli, di nuove e più svariate esperienze, dalla pittura del Solimena alla Scuola di Posillipo, fino ai più recenti fermenti artistici dei grandi centri urbani come dei più piccoli comuni di provincia. Alla tradizione artistica in senso stretto si è affiancata nel tempo una altrettanto produttiva tradizione artigianale che, dalla ceramica vietrese alle porcellane di Capodimonte, dai presepi napoletani alla lavorazione del corallo di Torre del Greco e all’intarsio sorrentino, continua ancora a impegnare vecchie maestranze e nuove generazioni desiderose di appropriarsene. Troppo spesso, però, sono proprio le istituzioni locali, seguite passivamente dall’opinione pubblica di quanti abitano nei nostri territori, a sottovalutare, se non addirittura, a ignorare del tutto, l’esistenza, per non parlare dell’importanza, del nostro ricco patrimonio. Non solo le istituzioni governative, o politiche, sembrano disinteressarsene, ma anche, cosa ancor più grave, le istituzioni culturali che, per loro stessa ammissione, dovrebbero valorizzarlo, di fatto sminuiscono, o perfino ostacolano, la cultura e coloro che con passione e sacrificio se ne occupano giorno dopo giorno. Il Museo Gracco non si aspetta alcun contributo economico dalle istituzioni, ma chiede, e anzi pretende, che queste dedichino maggiore attenzione alle iniziative promosse dai privati per salvaguardare il nostro patrimonio culturale e diffonderne la conoscenza soprattutto per lo sviluppo delle giovani menti. Ci sia altrettanto rispetto per tutti gli operatori culturali, in particolar modo per gli artisti, i quali, in virtù del loro intrinseco valore culturale che da sempre è stato occasione di stimolo e di crescita per le comunità, meritano ascolto e pubblico riconoscimento.

Le vite degli artisti e degli uomini di cultura del nostro passato, così come il futuro delle nuove generazioni, ci impongono di risvegliare le coscienze, da un lato rispetto al comune atteggiamento refrattario verso l’arte e la cultura, e dall’altro rispetto a un patrimonio di valori dimenticati da riscoprire e apprezzare in misura sempre più piena. Le opere della mostra “Fuori dal Labirinto”, che saranno “scoperte” il 9 maggio p.v. e resteranno esposte fino al 24 giugno 2012, sulla base dell’antica mitologia, offriranno ai visitatori attenti non pochi spunti di riflessione utili per la vita moderna, soprattutto per riconoscere ed evitare i moderni “labirinti”, situazioni e atteggiamenti fuorvianti che potrebbero intrappolare o rendere “schiavi”, o anche, per chi vi fosse finito dentro, suggerire i modi per uscirne.  A chi volesse farsi un’idea più ampia dell’opera del Maestro Gracco suggeriamo di visitare, prima della mostra, altri luoghi della città di Pompei, dove sono esposti suoi quadri appartenenti ad enti pubblici o a privati. Procedendo da sud a nord, in direzione del Museo Gracco: Hotel Pompei Resort (Viale Unità d’Italia, 16/A), Bar Ristorante hcca24 (Viale Mazzini, 48), Azienda Autonoma di Cura Soggiorno e Turismo (Via Sacra, 1), Santuario di Pompei, corridoio est (Piazza Bartolo Longo, 1), Ristorante Tiberius (Via Villa dei Misteri, 7).

Il Direttore del Museo, Plinio Caio Gracco

Orario di visita: 10-13/16-18 dal martedì al sabato; 10-13 la domenica. Lunedì chiuso

Info: Museo Gracco, Via Diomede 8, Pompei – tel. 0818613784 – www.museogracco.it – museo@gracco.it

Apr 07

Lamento per il Sud di Salvatore Quasimodo

Toccante poesia di Salvatore Quasimodo in cui il ricordo della propria terra sembra ormai dissolto nella nebbia lombarda.

Dal testo traspare rassegnazione e una freddezza che va ben oltre l’aspetto climatico e si trasforma in una sensazione che rende tutto vissuto con una passione molto meno intensa.

La poesia è stata pubblicata nel 1949 nella raccolta “La vita non è un sogno”.

 

La luna rossa, il vento, il tuo colore
di donna del Nord, la distesa di neve…
Il mio cuore è ormai su queste praterie,
in queste acque annuvolate dalle nebbie.
Ho dimenticato il mare, la grave

Modica

Modica

conchiglia soffiata dai pastori siciliani,
le cantilene dei carri lungo le strade
dove il carrubo trema nel fumo delle stoppie,
ho dimenticato il passo degli aironi e delle gru
nell’aria dei verdi altipiani
per le terre e i fiumi della Lombardia.
Ma l’uomo grida dovunque la sorte d’una patria.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
Oh, il Sud è stanco di trascinare morti
in riva alle paludi di malaria,
è stanco di solitudine, stanco di catene,
è stanco nella sua bocca
delle bestemmie di tutte le razze
che hanno urlato morte con l’eco dei suoi pozzi,
che hanno bevuto il sangue del suo cuore.
Per questo i suoi fanciulli tornano sui monti,
costringono i cavalli sotto coltri di stelle,
mangiano fiori d’acacia lungo le piste
nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse.
Più nessuno mi porterà nel Sud.
E questa sera carica d’inverno
è ancora nostra, e qui ripeto a te
il mio assurdo contrappunto
di dolcezze e di furori,
un lamento d’amore senza amore.

 

di Salvatore Quasimodo

foto di Ruggero Poggianella Photostream