Un uomo è ancora uomo anche se privo di ogni dignità umana?
Questa è la domanda che mi sono posto in questi giorni in cui si fa un gran parlare di eutanasia in relazione al caso di Eluana Englaro.
Non posso e non voglio entrare nel merito del caso specifico, ma non posso far a meno di seguire i miei pensieri, di provare a spiegarmi quali sono le ragioni che segnano un solco tra le opinioni contrastanti portate alla ribalta per questo caso.
L’uomo si distingue nel regno animale per la semplice considerazione che ha un’intelligenza più sviluppata, da quest’intelligenza nasce anche la percezione di ciò che è giusto e di ciò che non lo è, ovvero la definizione etica di coscienza.
Semplificando, la cura della coscienza può essere considerata anche il fulcro di tutte le religioni, sia occidentali che orientali, essendo l’equilibrio e la capacità di riconoscere bene e male in quanto elementi determinanti della spiritualità .
Ciò nonostante, anche un ateo non può fare a meno di riconoscere la presenza in sé della coscienza.
La coscienza è dunque elemento essenziale della dignità umana.
E’ innegabile che un uomo ridotto allo stato di vegetale, privo cioè di ogni percezione esterna o con attività cerebrale minima abbia in pratica l’incapacità di distinguere bene e male, di agire e pensare nel bene o nel male.
Un uomo in stato vegetale è dunque privo di coscienza?
D’altronde se lo stato vegetale si chiama così ci sarà un motivo.
Un uomo in stato vegetale ha ancora la dignità umana?
Sarebbe fantastico poter avere sapere da loro cosa ne pensano.
Ora mi chiedo, che differenza c’è tra una persona incapace di qualsiasi azione, pensiero o sentimento da una pianta o un qualsiasi altro animale?
E’ la risposta a quest’ultima domanda che genera il vero solco nella divergenza di opinioni.
Se si fosse sicuri che un uomo in stato vegetativo conservi la coscienza, la questione non sussisterebbe.
La fazione che sostiene che anche in stato vegetativo l’uomo è un uomo ritiene sostanzialmente che la vita va preservata con tutto l’accanimento possibile (ma allora non dovrebbe essere così anche per gli animali e le piante, ops vegetali?).
“Cogito ergo sum” – “penso dunque sono” oppure “sono quel che penso” diceva Cartesio, lasciando intendere che la sua dimensione umana era comunque legata alla propria capacità di pensiero.
Personalmente, credo che un uomo ridotto allo stato vegetativo abbia perso la propria dimensione umana, la possibilità di giocare un ruolo nella società e nella sua specie.
Personalmente credo che un uomo senza dignità umana, senza coscienza, senza possibilità di esercitare una qualsiasi forma di volontà non sia più un uomo.
“Se questo è un uomo” direbbe Levi pur sempre parlando di dignità persa ma ancora recuperabile.
Personalmente credo che bisogna lasciare queste persone libere di attraversare il confine su cui sono in bilico, troppo vivi per morire in pace, troppo morti per dirsi vivi.
L’unico modo per preservare la dignità umana di questi uomini è non farli sopravvivere privati di essa e se c’è un paradiso lasciare che li accolga.
Mi va comunque di ringraziare Eluana Englaro e soprattutto suo padre Beppe perché hanno risvegliato quest’Italia bigotta, perché dopo mesi e mesi finalmente si è parlato di qualcosa di serio, seppure in modo carico di strumentalizzazioni.
Dopodomani sarà tutto come ieri, ma oggi c’è l’illusione che qualcosa è cambiato.
Tutto questo, come sempre, IMHO!
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons
Lascia un commento